Un po’ di storia

Siamo negli anni ’50. Elvis Presley fa nascere il Rock’n’roll, la Regina Elisabetta sale al trono e l’Italia vive il boom economico nel secondo dopoguerra. Nel frattempo, in Germania viene commercializzato un nuovo veicolo destinato a diventare un’icona, il Volkswagen T1, conosciuto anche come “Bulli”.

La nascita del Volkswagen T1 “Bulli”

Facciamo un piccolo passo indietro, nel 1947. Siamo a Wolfsburg, nel nord della Germania, città che ospita la sede della Volkswagen. Da una decina di anni l’azienda produce con successo la Type 1 (puoi trovare un articolo dedicato qui), meglio conosciuta come “Maggiolino”, e in primavera Ben Pon, mentre visita gli stabilimenti, rimane incuriosito da un particolare mezzo che viene utilizzato per spostare merci pesanti. Così presenta l’idea di poterne produrre una versione commerciale al capo della Volkswagen. Questo mezzo utilizzava il telaio di un Maggiolino, appositamente modificato per montare un pianale che potesse essere caricato agevolmente. Nacque il concept del Type 2 (che poi prenderà il nome di “Transporter 1”, “T1” o con un’accezione affettuosa “bulli”), ossia un veicolo che ha per base il Maggiolino, quindi con lo stesso telaio e motore posteriore a sbalzo da 25 CV, ma con una posizione di guida molto avanzata per lasciare più spazio possibile per il carico. Il primo prototipo presentava delle problematiche dal punto di vista aerodinamico, infatti aveva un Cx molto elevato pari a 0.75. Ne venne perciò subito rivista la forma, studiandola nella galleria del vento dell’Università di Braunschweig, portando il Cx a 0.48 e dando al Bulli le linee che oggi conosciamo.

Il motore del Volkswagen Bulli

La soluzione scelta per la posizione del motore era inusuale. Altri veicoli di case concorrenti, infatti, presentavano un motore posizionato anteriormente. Il motore a sbalzo posteriore, seppur fosse un boxer che quindi non occupava molto spazio in senso verticale, faceva sì che risultasse scomodo caricare il Bulli dal portellone posteriore. Questa soluzione venne mantenuta solo fino alla terza serie, per poi adottare una soluzione che prevedeva motore e trazione anteriore. Il Transporter T1 seguì le evoluzioni motoristiche del Maggiolino, arrivando a motorizzazioni che superarono i 50 CV.

Il successo della versione “Samba”

Il mito arrivò grazie alla versione “Samba” del T1, quella più lussuosa e dedita al trasporto di persone piuttosto che di merci. Spopolò a cavallo degli anni ’50 e ’60 quando divenne il mezzo per viaggiare preferito dagli Hippie. Esso presentava una doppia portiera sul lato, molte finestre lungo le fiancate e all’esterno un doppio colore con il tetto bianco. In più i sedili potevano essere facilmente rimossi per aumentare lo spazio interno.

Fonte: Wikipedia

Ad oggi la produzione del Transporter è arrivata alla sesta edizione.

L’arrivo dell’e-Bulli, il Bulli elettrico

Il Bulli oggi è un mezzo così iconico da ispirare una nuova serie di veicoli a marchio Volkswagen, che al Salone di Detroit 2017 presenta il primo concept derivante dal Bulli: l’I.D. Buzz. Il Microbus seguirà la strada dell’elettrificazione caratteristica della serie I.D. e (per quanto sia stato presentato come un concept) una versione definitiva sarà già sulle nostre strade presumibilmente nel 2022.

Successivamente, nel marzo del 2020, Volkswagen presenta l’e-Bulli. Il progetto nasce dall’ambizione di eClassics che ha convertito un vecchio Bulli del 1966 alla trazione elettrica. Le modifiche sono sostanziali. Il motore viene sostituito da un’unità elettrica da 83 CV e 212 Nm, con la trazione che rimane posteriore. Il pianale e la dinamica sono stati rivisti per aumentare la sicurezza e per far spazio alle batterie, che sono dotate di carica rapida ed un’autonomia di quasi 200 Km. Esterni e Interni sono stati rivisti e modernizzati, ma strizzando l’occhio allo stile classico del Bulli che rimane iconico. Volkswagen ed eClassics con questo progetto puntano a dare nuova vita ed un animo più green ad un mezzo che ha fatto la storia.

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