La prospettiva di una mobilità basata sull’utilizzo dell’idrogeno come vettore energetico è allettante per garantire una mobilità a zero emissioni locali nel medio-lungo periodo. Vediamo dunque come può avvenire lo stoccaggio dell’idrogeno a bordo di un veicolo, che sia esso a celle a combustibile o con motore a combustione interna. L’idrogeno contiene il più elevato rapporto energia-peso rispetto agli altri fluidi messi a confronto; tuttavia, contiene minor energia per unità di volume. Ciò comporta indubbie difficoltà di stoccaggio con notevoli svantaggi, in particolare, nelle applicazioni veicolari, che richiedono volumi e pesi ridotti ma con un’accettabile autonomia di guida.
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L’idrogeno può essere stoccato in diversi modi: allo stato gassoso, allo stato liquido o sottoforma di idruri. Ma procediamo per gradi e vediamoli singolarmente.
Stoccaggio dell’idrogeno allo stato gassoso
L’idrogeno è il gas più leggero esistente. Se volessimo stoccare 5kg di idrogeno allo stato gassoso a pressione atmosferica e temperatura ambiente, occorrerebbe un serbatoio da circa 55.000 litri. Diventa impensabile una soluzione del genere a bordo di un veicolo. Per questo motivo l’idrogeno va stoccato ad alte pressioni, in modo tale da aumentare la densità di energia per volume occupato. Più aumenta la pressione e minore sarà il volume occupato dall’idrogeno, il che si traduce in un minore ingombro del serbatoio. Generalmente l’idrogeno viene compresso a circa 700 bar (circa il triplo rispetto al metano!), in questo modo il volume occupato è di circa 25 litri per chilogrammo di idrogeno.
Se consideriamo per esempio la seconda generazione della Toyota Mirai, essa monta tre serbatoi di idrogeno per un volume totale di 142,2 lt, che consentono uno stoccaggio di 5.6 kg di idrogeno.


Per lo stoccaggio dell’idrogeno compresso si utilizzano speciali serbatoi, generalmente di forma cilindrica per garantire una migliore distribuzione delle pressioni. Questi serbatoi sono realizzati in più strati di materiali compositi e sono praticamente a prova di bomba. Infatti, le principali casi produttrici di auto a idrogeno hanno eseguito molti test per verificarne l’effettiva resistenza, e in nessun caso si è avuto la rottura dei serbatoi, nemmeno durante i test Euro NCAP.
Stoccaggio dell’idrogeno allo stato liquido
L’idrogeno liquido risulta molto interessante dato che permette di trasportare un quantitativo di energia nettamente maggiore rispetto allo stato gassoso, a parità di ingombro del serbatoio. Tuttavia, la temperatura di liquefazione dell’idrogeno è molto bassa, con valori prossimi allo “zero assoluto”, circa -253 °C. Vengono dunque utilizzati speciali serbatoi criogenici che devono evitare l’eventuale evaporazione dell’idrogeno. Una volta allo stato liquido, infatti, l’idrogeno tende a riportarsi nelle condizioni iniziali di equilibro termodinamico (e quindi a ritornare in forma gassosa).


Questi speciali serbatoi sono realizzati mediante due membrane separate da una cavità all’interno del quale vi è il vuoto, per evitare scambi di calore per conduzione. Tra la parete interna ed esterna del serbatoio vengono installati dei pannelli a bassa emissione di calore, generalmente in plastica o alluminio, per garantire che non vi sia scambio di calore per irraggiamento. Inoltre, il serbatoio deve essere dotato di una valvola di sfiato per garantire la fuoriuscita dell’idrogeno evaporato ed evitare che si raggiungano pressioni elevate. Serbatoi di questo tipo possono lavorare ad una pressione di circa 5 o 6 bar per garantire il massimo rendimento.
Lo stoccaggio allo stato liquido garantisce un rendimento elevatissimo. Tant’è vero che per ottenere la stessa densità energetica in caso di serbatoi ad alta pressione bisognerebbe portarsi a circa 1300 bar, a parità di idrogeno stoccato. Tuttavia, il costo energetico di liquefazione sommato alle speciali attrezzature richieste per il controllo del processo e il mantenimento della temperatura, coprono quasi il 30% del contenuto energetico del combustibile, valore superiore all’8% consumato nei serbatoi di idrogeno compresso.
Studi attuali sono volti all’individuazione di materiali, strutture e processi che permettano di ridurre i costi e aumentare l’affidabilità di tale tecnologia.
Idruri metallici e idruri chimici
Un altro metodo per lo stoccaggio dell’idrogeno si basa sulla capacità della molecola di essere assorbita e rilasciata da determinate sostanze. L’assorbimento delle molecole di idrogeno prende il nome di idrogenazione, il rilascio prende il nome di deidrogenazione. L’idrogeno può essere assorbito da alcune leghe metalliche formando idruri metallici, oppure da composti chimici ottenendo idruri chimici. Nonostante con questo metodo si ottengano valori della densità energetica molto elevati, al momento è impraticabile l’uso per applicazioni veicolari. Le fasi di idrogenazione e deidrogenazione richiedono continue adduzioni e sottrazioni di calore, che richiederebbero dunque l’utilizzo di piccoli impianti abbastanza complessi a bordo dei veicoli. Comportando un incremento dei costi e un maggiore ingombro a bordo.
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